ATTENZIONE: dopo il tampone positivo potresti essere abbandonato dal “Sistema”!

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Quanto ero piccolo trovai sul pavimento del magazzino di mio padre un vecchissimo orologio a carica manuale.

Iniziai a smontarlo per provare a farlo ripartire… e ci riuscì!

Non so se avete mai visto tutti gli ingranaggi che vi erano in quel tipo di orologi. Tante rotelle tutte essenziali, anche quelle che sembrano più piccole ed inutili.

Un meccanismo tanto complesso da sembrare ingestibile, ma che gira all’unisono grazie al lavoro di ogni singola parte.

Dopo un trasloco persi purtroppo una rondella della guarnizione, una di quelle piccolissime rondelle laterali che sembrano nemmeno toccare il meccanismo principale. Ebbene, malgrado fossi riuscito a rimontare tutto senza far esplodere le rondelle e a far partire il meccanismo, la lancetta dei secondi iniziò inesorabilmente ad andare avanti e indietro, avanti e indietro, senza riuscire a trovare la forza per far scattare la più tozza lancetta dedicata ai minuti.

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Questa lunga premessa serve per far capire l’importanza di quanto tra poco vi racconterò e di come anche la mancanza o la mal gestione di un solo tassello mandi un intero sistema allo sfracello.

Qualche giorno fa un ragazzo di circa 40 anni, sposato e padre di due figli, smette di sentire qualsivoglia sapore.

Allarmato dalla cosa, dopo il secondo giorno, decide di andare a fare il tanto acclamato tampone.

Giunto presso il Pronto Soccorso del Policlinico di Catania, chiede informazioni alla guardia accanto alla sbarra all’ingresso e gli viene indicato di aggirare il box delle auto e di entrare all’interno di un tendone.

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Così facendo, Salvatore Biondo (nome di fantasia, ndr) si trova davanti un ragazzo che gli chiede il perché del test ed effettua il tampone.

Dopo meno di cinque minuti:

<< Positivo! >> – esclama il paramedico – << Scenda dalla macchina e vada dalla dottoressa all’interno >>.

<< Non si preoccupi comunque, guardi – avvicinando il tampone – la lineetta sotto la T è molto sbiadita quindi il contagio è molto basso >>.

“Rassicurato”, per quanto lo si possa essere dopo aver scoperto di essere positivi al Covid-19, si avvicina alla dottoressa che gli misura la saturazione, indicandogli che va benissimo.

<< Ok. Può andare. Domani chiami questo numero, risponderà l’USCA, e attiverà le procedure di conseguenza >>.

Vista la fermezza nelle parole della dottoressa, Salvatore non ha motivi per obiettare, se non che, quando rientra in macchina, si rende conto di non avere assolutamente nulla in mano e non aver mai nemmeno comunicato i suoi dati, ne a paramedico, ne a dottoressa.

Scende allora dall’auto e va verso il paramedico sostenendo di non avere nulla che attesti la positività per effettuare la richiesta segnalazione.

Quest’ultimo prende allora il tampone, messo all’interno di una bustina trasparente inserisce al suo interno una scheda dove riporta Nome, Cognome e altri dati personali, scrive nome e cognome del paziente positivo sulla bustina e da il tutto a Salvatore.

Lo stesso soddisfatto sale in macchina e fa ritorno verso casa.

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I dubbi sul momento del contagio

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I primi pensieri sono diretti al DOVE… “Dove avrò preso il virus?”

“Sarà stato mentre prendevo il bambino a scuola?”

“Sarà stato al supermercato?”

“L’avrò preso oltre una settimana fa all’ultima lezione in palestra?”

I dubbi rimangono, ma forse quando gli verranno fatte le domande per il tanto decantato TRACCIAMENTO si troverà la soluzione.

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Dopo aver comunicato alla famiglia l’esito del tampone, gli stessi avvertono amici e parenti che, grazie al cielo avevano visto entro le 72 ore dal primo sintomo, periodo entro il quale, scrivono gli esperti, potrebbe essere avvenuto il contagio.

Però alla domanda della moglie relativa a quando avrebbero fatto loro i tamponi, la risposta è un bel NON LO SO!

E non sarà il primo NON LO SO della storia.

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L’indomani sin dalle ore 8:00, Salvatore, che già da un mese lavorava in modalità di smartworking, inizia a chiamare il numero che gli è stato fornito.

Ma dopo bene 5 ore di telefonate senza alcuna risposta, decide di contattare il medico curante che immediatamente si attiva per far partire personalmente la procedura, visto che la maggior parte dei pazienti positivi lamentano proprio la mancata risposta da parte dell’USCA.

Allorché alla richiesta d’invio da parte di Salvatore del referto ospedaliero che attesti la sua positività, lo stesso è costretto a rispondere di non avere alcun referto se non un tampone in una busta!

Il medico risponde allora che non è possibile attivare alcuna procedura senza un referto ospedaliero, quindi deve tornare in ospedale e farsi dare un referto firmato da un medico che attesti la positività del paziente!

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Cercando di mantenere la massima obiettività possibile, già questo evidenzia una mancanza assoluta di fluidità del meccanismo per il semplice fatto che, non essendoci nulla di scritto o segnalato, ed avendo il paziente avuto rassicurazioni sulla scarsa carica virale presentatasi al tampone, lo stesso avrebbe anche potuto continuare la propria attività senza che nessuno potesse obiettare.

Mi spiego meglio.

Se Salvatore fosse stato ad esempio un pizzaiolo, quindi senza uno stipendio fisso, senza forti sintomi se non la mancanza di gusto e olfatto, senza alcun sussidio reale da parte dello Stato, secondo voi non sarebbe scattato in lui un meccanismo di auto-conservazione che avrebbe potuto far abbandonare la ricerca del referto e la continuazione della propria attività?

Non dico che sia giusto o meno, metto solo davanti questa possibilità.

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Ma riprendiamo l’avventura di cui vi stavo raccontando.

Abbiamo lasciato il buon Salvatore alla ricerca del referto di positività da inviare al proprio medico curante per attivare l’iscrizione presso gli elenchi della fantomatica e irraggiungibile telefonicamente USCA.

Cambiato numero di telefono alla “cornetta”, ora a squillare è il centralino del Policlinico di Catania che dopo “solo” un paio di chiamate risponde:

<< Buongiorno signora sono Salvatore Biondo e ieri ho effettuato il tampone risultando positivo. Purtroppo non ho ricevuto alcun referto per effettuare la registrazione all’USCA. >>

La centralinista risponde che al terminale non risulta assolutamente il nome del paziente nella lista dei positivi, o tra i ricoveri, o in qualsivoglia lista interna.

Salvatore allora, preso alla sprovvista da una così totale mancanza di gestione dei dati, comunica la decisione di denunciare la cosa alle autorità in quanto essendo risultato positivo non può, per colpa dell’ospedale che ha effettuato il tampone procedere all’attivazione del percorso corretto.

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La centralinista convince il paziente positivo a lasciare i suoi dati di ricontatto e di attendere almeno mezz’ora prima di attivarsi con le autorità.

Entro nemmeno dieci minuti, Salvatore viene contattato da quello che si presenta essere un dirigente ospedaliero del Policlinico che, senza mezze misure, dice al signor Biondo di “far finta che ieri non fosse accaduto nulla” e di venire a rifarsi il tempo, stavolta “molecolare”!

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“Far finta che nulla fosse accaduto!”

 

Accortosi dell’errore dell’Ospedale, Salvatore malgrado positivo e con tre persone possibilmente altrettanto positive a casa, è costretto ad uscire per raggiungere di nuovo il pronto soccorso.

Qui Biondo trova lo stesso paramedico del pomeriggio prima che stavolta infila nel naso di Salvatore un tampone molto più spesso che, tra l’altro, si incastra mentre viene ritirato fuori e con vari strattoni provoca l’apertura di diversi capillari nasali e la fuoriuscita di sangue dal naso.

Stavolta, malgrado la sofferenza al setto nasale, che dopo oltre 5 giorni fa più male del virus stesso, il signor Biondo può inviare al proprio medico curante il referto utile all’attivazione della procedura USCA.

Alleluia!!!

La nostra storia tragicomica sembra finire qui, ma se moltiplicate la casistica per un numero pari anche al solo 5% dei tamponi effettuati giornalmente, circa 150.000 in media, ed a questi aggiungete le svariate possibilità di “falsi negativi” che sembrano aumentare sempre di più per via di reagenti difficilmente reperibili e stanchezza  e spesso “meccanizzazione del gesto” da parte di chi effettua il tampone, vi accorgere facilmente di come questo sia solo un esempio tra centinaia di casi che avvengono ogni giorno.

Questa semplice, ma altrettanto complessa storia, evidenzia una rondella all’interno di un meccanismo le cui procedure dovrebbe essere bene scorrevoli e ben “oliate” con supervisori che controllino ogni rondella e l’avanzare delle lancette.

 

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P.S. Abbiamo risentito il Signor Salvatore Biondo che ad oggi, dopo 5 giorni dal tampone con referto e conferma dell’apertura del canale USCA relativo alla sua positività, comunicazione avvenuta ed effettuata tramite medico curante, non ha ricevuto nessuna comunicazione.

Nessun tampone è stato fatto alla moglie e ai due figli.

Nessuno ha contattato la famiglia per richiedere se ci fossero necessità alimentari o di altro tipo, e tra l’altro uno dei figli ha solo 6 mesi!

Nessuno ha preso in carico questa e, ricordate le percentuali casistiche espresse sopra?, tante altre famiglie.

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P.P.S. Abbiamo appena avuto segnalazione che, dopo quasi 6 giorni, il signor Biondo è stato contattato da un callcenter dell’USCA per comunicargli che nella giornata di domani consegneranno… i bidoni per la differenziata!

Vi lascio solo immaginare la risposta del signor Salvatore che ancora attende i tamponi per la famiglia ed essere messo a conoscenza delle procedure da attuare!

 

Voglio precisare che mi assumo in quanto Editore della testata NOW IN SICILY la piena responsabilità di quanto scritto.