Non è proprio vero quello che si dice sulle case infestate. Non sempre c’è di mezzo una storia violenta, una tragedia eclatante. Spesso la spiegazione a determinati eventi esula dalla nostra logica concezione. 

Questo è decisamente il caso di un edificio apparentemente anonimo, risalente agli anni settanta, che si staglia quasi alla fine di via Quartararo, nella periferia nord della città di Catania (ndr nel quartiere di Barriera del Bosco). Qualche anno fa giunse la prima segnalazione, fatta dall’allora sedicenne Marco (così chiameremo il reale protagonista della storia per questioni di privacy). 

Il giovane catanese raccontò una serie di esperienze al limite del paranormale, vissute nella casa al piano terra: «all’epoca dei fatti, inizio anni novanta, ero poco più che un ragazzino, vivevamo in quattro in quell’appartamento, ma mio padre spesso non tornava la notte per via del lavoro. Così, mia madre dormiva nel lettone con mio fratello e io rimanevo da solo in cameretta. Ne succedevano di cose strane in quella casa, dagli oggetti che si spostavano da soli alle porte o agli sportelli delle dispense puntualmente spalancati. Ma gli episodi più terrificanti – sottolineò Rosario, visibilmente scosso – avvenivano quando era ora di andare a letto. Mi sentivo osservato, riuscivo a percepire una presenza malvagia dentro la stanza e poi delle mani invisibili puntualmente mi facevano del male. Mia madre pensò che avessi una sorta di problema psicologico, che mi auto infliggessi il corpo dati i vistosi lividi che mostravo ogni mattina. Ad un certo punto, le raccontai la verità. Risultato? Rimase con me a dormire per una intera nottata e l’indomani avevamo già fatto i bagagli.»

Di fronte ad un racconto del genere è fisiologico essere scettici e del resto come si può credere a certe testimonianze, senza lasciar spazio ai dubbi?

Ma poi arriva la segnalazione che non ti aspetti, sullo stesso edificio, da una persona che non conosce e non ha mai avuto nulla a che fare con il precedente testimone. 

Lui è Giuseppe, un operaio catanese tutto casa e lavoro, che racconta di aver abitato nella stessa palazzina per un paio d’anni, assieme alla madre e ai due fratelli. 

«Era la fine degli anni novanta e come ogni ragazzo, finita la scuola mi rilassavo giocando a casa con i miei fratelli o con qualche amico. Mia madre lavorava tutto il giorno, per cui quell’abitazione diventava di fatto il mio regno. Eppure mi sbagliavo, perché c’era qualcosa altro ad avere pieno potere al suo interno. I primi sentori di qualcosa di strano li avvertimmo quando iniziammo a trovare la porta d’ingresso costantemente socchiusa, nonostante avessimo chiuso a chiave. Qualcosa di certo non andava, ma mia madre ci tranquillizzava con scuse campate un po’ per aria. Poi, purtroppo la situazione andò degenerando: passammo dagli strani rumori a dei veri e propri fenomeni poltergeist con oggetti che schizzavano per aria e i mobili che tremavano come scossi da un terremoto. Infine, un pomeriggio il volto di un anziano si materializzò in corrispondenza della sponda del mio letto. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Da allora non metto più piede in quel luogo e il solo pensiero di passare anche semplicemente davanti a quell’edificio mi mette uno strano senso d’ansia in corpo.»

Dopo due racconti come questi, la domanda sorge spontanea: il condominio di via Quartararo è realmente infestato dai fantasmi o si tratta di due distinti e palesi casi di suggestione che guarda caso hanno coinvolto due perfetti sconosciuti nella stessa palazzina? E come si suol dire, se un indizio non fa una prova, due creano quantomeno un ragionevole sospetto…